Il Modello organizzativo 231 deve il suo nome al D.Lgs 231/2001 che regola la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle associazioni. Il Modello 231 racchiude quindi tutti quegli accorgimenti utili a tenere un’azienda indenne dalla responsabilità amministrativa dipendente da reato e risulta fondamentale per la corretta gestione di un’azienda.
1. Che cos’è il Modello organizzativo 231?
Il decreto 231 introdotto nel 2001 ha previsto per le persone giuridiche e le società una responsabilità amministrativa per gli illeciti penali commessi dai propri dipendenti. Contestualmente, nell’ottica di restare esente da questi rischi, la normativa ha previsto l’adozione di una serie di protocolli e policy mediante le quali regolare la gestione e l’organizzazione aziendale proprio per prevenire tale responsabilità.
La responsabilità penale, come sancito dall’art. 27 della Costituzione, è quindi sempre personale ma il decreto 231 riconosce e sanziona, in capo all’azienda, una responsabilità di natura amministrativa per una “colpa di (mancata o carente) organizzazione”. Laddove colpevole il singolo autore dell’illecito verrà sanzionato penalmente, l’azienda con una sanzione amministrativa.
Questo è avvalorato dal fatto che la persona danneggiata dalla condotta dell’azienda potrà agire civilmente per il risarcimento del danno o costituirsi parte civile nel processo contro la persona fisica e chiamando quale responsabile civile l’azienda.
2. Chi è obbligato ad adottare il Modello 231?
La normativa introdotta dal decreto 231 si applica, come chiarisce l’art.1 dello stesso, agli enti forniti di personalità giuridica, alle società e alle associazioni anche prive di personalità giuridica. Non si applica invece allo Stato e agli enti pubblici (art.1, comma 3).
Il decreto non prescrive come obbligatoria l’adozione del modello di organizzazione e gestione ma le società che se ne dotano possono chiedere, in sede giudiziale, l’esclusione o la limitazione della propria responsabilità nel caso di reato commesso da un proprio dipendente.
3. Quali sono i vantaggi e a cosa serve?
Le conseguenze di un illecito penale commesso da un dipendente possono essere molto gravi per l’azienda. Oltre all’aspetto economico – le sanzioni pecuniarie vanno da un minimo di 25.000 euro a un massimo di 1.5 milioni – va considerato anche il danno reputazionale che l’azienda potrebbe scontare. Il D.lgs 231/2001 prevede inoltre la sanzione interdittiva delle attività e la confisca dei profitti generati.
È quindi per evitare conseguenze di questa portata che, in via preventiva, l’azienda è incentivata a adottare il Modello 231 definendo norme organizzative, procedure, codici etici. Il Modello ha infatti una serie di vantaggi indiscutibili, primo fra tutti – come accennato in precedenza – la possibilità di evitare o limitare le conseguenze giudiziali. L’adozione di un modello organizzativo e gestionale per la prevenzione dei reati contribuisce inoltre a migliorare la governance e i processi decisionali, garantisce trasparenza nei confronti di partner, clienti e investitori e qualifica l’azienda come affidabile.
4. La struttura del Modello organizzativo 231
Il Modello 231 non è certamente unico per tutte le aziende, ognuna di queste deve pertanto conoscere i rischi che potrebbe dover affrontare, i reati che potrebbero essere commessi e quindi elaborare la strategia sulla base delle proprie caratteristiche e del proprio ambito.
La prima fase per arrivare alla definizione del Modello 231 sarà inevitabilmente quella della mappatura delle aree e dei rischi, seguita da un’attività di risk assessment e dalla definizione di protocolli di risposta tempestiva in caso di concretizzazione del rischio.
Gli elementi comuni alle aziende nella definizione del Modello 231 sono i protocolli, le procedure, i codici etici, la scelta dei sistemi di controllo, norme organizzative, commissioni.
Una volta adottato il Modello l’azienda dovrà preoccuparsi di applicarlo e renderlo effettivo. A questo proposito deve essere nominato un Organismo di Vigilanza (OdV), la cui composizione è variabile a seconda delle dimensioni dell’azienda.
Nelle medie e grandi imprese l’Organismo è collegiale e prevede tre membri di cui due professionisti esterni o due esterni e un interno. Nelle Pmi, con un rischio di reato basso, si può nominare un solo professionista esterno. Le imprese di più ridotte dimensioni possono assegnare il ruolo all’organo dirigente, quindi all’Amministratore Unico o al CdA nella sua interezza.
5. Quali reati sono coperti dal Decreto Legislativo 231/2001?
I reati per i quali il D.lgs 231/2001 prevede responsabilità amministrativa in capo all’azienda sono quelli che recano danni all’ambiente, alla salute dei lavoratori e contro la Pubblica Amministrazione.
Rientrano pertanto tra le fattispecie:
- Reati contro la salute e la sicurezza sul lavoro: omicidio colposo in violazione delle norme in materia di salute e sicurezza (art. 589 c.p.), lesioni colpose (art. 590 c.p.), rimozione o omissione dolosa di cautele e difese contro disastri e infortuni sul lavoro (art. 437 c.p.), rimozione o omissione colposa (art. 451 c.p.)
- Reati contro la Pubblica Amministrazione (art. 314 e ss. c.p.)
- Reati societari: false comunicazioni sociali delle società quotate, falso in prospetto, aggiotaggio, corruzione tra privati,
- Delitti contro la personalità individuale (art. 600 e ss. c.p.)
- Delitti con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine democratico (art. 270 e ss. c.p.)
- Reati transnazionali (traffico di migranti, traffico di stupefacenti, riciclaggio)
- Illeciti ambientali (avvelenamento di acque e di sostanze alimentari, diffusione di una malattia delle piante o di animali, inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale radioattivo, ecc.)
- Reati di criminalità informatica: (frode informatica, accesso abusivo a sistemi informatici, ecc.)
- Manipolazioni del mercato e abuso di informazioni privilegiate
6. Modello 231: Chi si occupa della sua redazione e implementazione
Il Modello 231 viene compilato e redatto da un team di professionisti esperti nell’area legale e della compliance aziendale che operano insieme al management dell’azienda e alla compagine direttiva (amministratore delegato o Consiglio di amministrazione).
Come già accennato in precedenza il lavoro di compilazione muove dall’analisi del contesto e dalla mappatura delle aree di rischio dell’azienda, cui segue la compilazione del Modello con l’inserimento dei protocolli e delle policy ritenute indispensabili.
Una volta definito il Modello 231 è possibile coinvolgere l’Organismo di Vigilanza che potrà valutare l’efficacia delle componenti del Modello stesso ma dovrà soprattutto vigilare sull’applicazione corretta.
7. Quando è necessario aggiornare il modello organizzativo di gestione e controllo 231?
Il Modello 231 non va immaginato come uno strumento granitico ma è anzi soggetto a variazioni e aggiornamenti che devono necessariamente essere apportati quando vengono introdotte nuove normative o modificate quelle esistenti.
L’Organismo di Vigilanza è infatti chiamato a verificare e garantire che il Modello venga correttamente applicato e naturalmente anche se alcuni aspetti risultano, con il tempo, obsoleti per via di aggiornamenti normativi. È proprio l’OdV che deve segnalare le criticità che possono emergere e suggerire miglioramenti al Modello per prevenire e gestire potenziali nuovi rischi.
8. Quali sono le sanzioni per la sua mancata adozione o violazione?
Come già detto il Modello 231 non è obbligatorio ma le aziende che non se ne dotano corrono il rischio di vedersi contestare la responsabilità amministrativa dei reati commessi dai singoli.
In presenza del Modello, invece, la responsabilità può essere limitata o addirittura esclusa.
Le sanzioni previste dal d.lgs 231/2001 sono quella pecuniaria, quelle interdittive, la confisca, la pubblicazione della sentenza. Le sanzioni interdittive, in particolare, comprendono l’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, il divieto di contrattare con la PA, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e la revoca eventuale di quelli già concessi e, infine, il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
La pubblicazione della sentenza viene sempre disposta quando vi è una sanzione interdittiva. Con la sentenza di condanna viene poi stabilita anche la confisca del prezzo o del profitto del reato.
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